Il Trofeo Vittorio Millefiorini
In onore del padre storico del Nuoto nel basso Lazio
Gli inizi
Le evasioni dal carcere di S.Stefano hanno segnato tutto il periodo di vita della prigione e quindi anche dell’isola di Ventotene,
Per le caratteristiche della prigione e la morfologia dell’isola su cui è ospitata, la fuga è sempre stata un obiettivo particolarmente difficile da raggiungere e che ha impegnato gli uomini fino al massimo delle loro capacità. Ventotene non solo come scoglio di primo approdo per gli evasi ma come ritorno alla natura incontaminata e alla bellezza per chi ha il bisogno di fuggire dalle città e dagli stereotipi della vita moderna. Forse la più celebre tra le poche evasioni dal carcere di Santo Stefano, è quella rocambolesca di Giovanni Scalfi, non nuovo ad evasioni, che, nel 1958, riuscì ad eludere la sorveglianza delle guardie e a raggiungere a nuoto Ventotene. Dopo essersi riposato e rifocillato in una grotta, riesce a procurarsi una barca a vela e dopo una lunga traversata raggiunge la spiaggia di San Francesco, a Forio d’Ischia. La gara sostanzialmente ripete il tragitto che si suppone abbia fatto Scalfi, sfidando il medesimo tratto di mare e le medesime correnti.
Le Evasioni dell'800
Notizie certe sul primo tentativo di evasione in massa sono fornite Francesco Carpi, che, dopo aver diretto la costruzione del carcere svolse anche il ruolo di responsabile dell’Ergastolo. Carpi riferisce che il 26 agosto 1797 ci furono scontri tra condannati e guardie per sedare un tentativo di fuga che portarono a due morti e numerosi feriti. Nonostante la pronta reazione del personale e comunque prima che giungessero i rinforzi da Napoli, alcuni reclusi riuscirono ad allontanarsi dall’isola facendo perdere le loro tracce. La prima grossa evasione in massa fu attuata nel 1806 dal brigante “Fra Diavolo” di Itri ( il cui vero nome era Michele Pezza), che dopo l’evasione arruolò i detenuti tra le fila della sua banda per combattere a fianco dei Borboni, contro i Francesi. A seguito di questo episodio la prigione venne chiusa per undici anni. Nel 1817 la prigione venne riaperta ospitando sempre più detenuti politici e meno criminali. Altra famosa tentata evasione, fu quella ideata dal patriota Luigi Settembrini ed appoggiata all’esterno da Giuseppe Garibaldi, e programmata dal 1855. Settembrini fu recluso nel carcere di Santo Stefano agli inizi del 1851 e ne uscì agli inizi del 1859. Nella primavera del 1855 iniziò a programmare il proprio piano di fuga, stabilendone le modalità, preparando piantine con i disegni dei luoghi e le rotte marinare da seguire. Dall’esterno Giuseppe Garibaldi partecipò attivamente al piano, tracciando la rotta che l’imbarcazione ( The Isle of Thanet) avrebbe dovuto seguire per la riuscita dell’evasione. Il piano fallì in quanto l’imbarcazione naufragò ancora prima di giungere nel golfo di Gaeta. Fallì anche un secondo tentativo. Settembrini riusci ad essere liberato nel 1859 dirottando verso l’Inghilterra la nave che lo avrebbe dovuto portare in esilio negli Stati Uniti. Nell’ottobre del 1860 ci fu un’altra violentissima rivolta capeggiata dal camorrista napoletano Francesco Venisca, dopo che le truppe borboniche avevano abbandonato l’isola per accorrere a Capua sottoposta all’assedio delle truppe sabaude (da lì a breve la fine del Regno delle due Sicilie), In quella occasione i detenuti arrivarono a proclamare la Repubblica di Santo Stefano. La Repubblica ebbe fine, nel gennaio del 1861, con l’arrivo a Santo Stefano di un folto gruppo di marinai italiani, che domarono i rivoltosi e ristabilirono l’ordine e la disciplina
Le Evasioni del '900
Del XX secolo, sono da ricordare alcune clamorose evasioni. Il 9 settembre del 1943, Santo Stefano fu teatro di una rivolta dei detenuti, capeggiata dall’anarchico Giuseppe Mariani e dall’uxoricida Sante Pollastro, che venne subito domata con l’arrivo di una cannoniera della flotta della Marina americana da qualche giorno giunta a Salerno. Rocambolesca fu l’evasione di Giovanni Scalfi, (non nuovo ad evasioni) nel 1958, che riuscì ad eludere la sorveglianza delle guardie e a raggiungere a nuoto Ventotene. Dopo essersi riposato e rifocillato in una grotta, riesce a procurarsi una barca a vela e dopo una lunga traversata raggiunge la spiaggia di San Francesco, a Forio d’Ischia. Dopo essere stato aiutato da un gruppo di pescatori per tirare a secco la barca, Scalfi viene riconosciuto e arrestato dai Carabinieri di Forio e Casamicciola. Sembra che ad Ischia sia arrivato abbastanza per caso atterrando su una delle spiagge più frequentate dell’isola a causa del forte vento di ponente di quei giorni e l’assenza di un timone sulla imbarcazione con cui partiva da Ventotene. Il 26 luglio 1960, i banditi Giovanni Di Lucca, ex brigatista nero della banda Casaroli, e Antonio Toma, fuggirono a bordo di un potente motoscafo procurato da alcuni complici e non furono mai ritracciati. Sempre nel 1960, il parricida Emilio Piermartini e Benito Lucidi, ex Decima Mas e omicida, famoso come re delle evasioni, già fuggito da Regina Coeli, furono subito ripresi e assicurati alla giustizia. Altra evasione celebre è quella di Benito Lucidi. Lucidi evade, alle 17,00 del 17 novembre 1960, con Antonio Piermartini, delinquente incallito detto “il Mostro di Vignanello” che aveva ucciso il padre con 30 colpi di mitra per eliminare lo scomodo testimone di un suo precedente duplice delitto. Dopo aver segato le sbarre della finestra “a bocca di lupo” della loro cella si calano lungo 11 metri di muro e poi lungo la roccia a picco verso la piccola baia che costituisce l’unico porticciolo dell’isola ad est. Piermartini, addetto alla lavanderia, è riuscito a procurarsi i teli necessari a mettere insieme la corda per la fuga. Sono entrambi alti 1,70 circa e indossano l’uniforme carceraria di rigato misto lana grigio e marrone. Sembra che i due abbiano avuto l’aiuto esterno di un “guappo”, da poco uscito di prigione, che avrebbe procurato il seghetto utilizzato per tagliare le 8 sbarre della finestra e un piccolo battello. Dopo qualche giorno, I due evasi raggiungono l’isola di Ischia e da lì la terraferma. Piermartini viene arrestato, sulla via Domiziana il 5 dicembre, dopo 17 giorni di latitanza. Lucidi viene arrestato a Roma in via Ottaviano il 29 dicembre.
Le Evasioni del '900
Del XX secolo, sono da ricordare alcune clamorose evasioni. Il 9 settembre del 1943, Santo Stefano fu teatro di una rivolta dei detenuti, capeggiata dall’anarchico Giuseppe Mariani e dall’uxoricida Sante Pollastro, che venne subito domata con l’arrivo di una cannoniera della flotta della Marina americana da qualche giorno giunta a Salerno. Rocambolesca fu l’evasione di Giovanni Scalfi, (non nuovo ad evasioni) nel 1958, che riuscì ad eludere la sorveglianza delle guardie e a raggiungere a nuoto Ventotene. Dopo essersi riposato e rifocillato in una grotta, riesce a procurarsi una barca a vela e dopo una lunga traversata raggiunge la spiaggia di San Francesco, a Forio d’Ischia. Dopo essere stato aiutato da un gruppo di pescatori per tirare a secco la barca, Scalfi viene riconosciuto e arrestato dai Carabinieri di Forio e Casamicciola. Sembra che ad Ischia sia arrivato abbastanza per caso atterrando su una delle spiagge più frequentate dell’isola a causa del forte vento di ponente di quei giorni e l’assenza di un timone sulla imbarcazione con cui partiva da Ventotene. Il 26 luglio 1960, i banditi Giovanni Di Lucca, ex brigatista nero della banda Casaroli, e Antonio Toma, fuggirono a bordo di un potente motoscafo procurato da alcuni complici e non furono mai ritracciati. Sempre nel 1960, il parricida Emilio Piermartini e Benito Lucidi, ex Decima Mas e omicida, famoso come re delle evasioni, già fuggito da Regina Coeli, furono subito ripresi e assicurati alla giustizia. Altra evasione celebre è quella di Benito Lucidi. Lucidi evade, alle 17,00 del 17 novembre 1960, con Antonio Piermartini, delinquente incallito detto “il Mostro di Vignanello” che aveva ucciso il padre con 30 colpi di mitra per eliminare lo scomodo testimone di un suo precedente duplice delitto. Dopo aver segato le sbarre della finestra “a bocca di lupo” della loro cella si calano lungo 11 metri di muro e poi lungo la roccia a picco verso la piccola baia che costituisce l’unico porticciolo dell’isola ad est. Piermartini, addetto alla lavanderia, è riuscito a procurarsi i teli necessari a mettere insieme la corda per la fuga. Sono entrambi alti 1,70 circa e indossano l’uniforme carceraria di rigato misto lana grigio e marrone. Sembra che i due abbiano avuto l’aiuto esterno di un “guappo”, da poco uscito di prigione, che avrebbe procurato il seghetto utilizzato per tagliare le 8 sbarre della finestra e un piccolo battello. Dopo qualche giorno, I due evasi raggiungono l’isola di Ischia e da lì la terraferma. Piermartini viene arrestato, sulla via Domiziana il 5 dicembre, dopo 17 giorni di latitanza. Lucidi viene arrestato a Roma in via Ottaviano il 29 dicembre.