Il Carcere di Santo Stefano
Dai Borboni al Manifesto per l'Europa
Santo Stefano
Mare cristallino e fondali mozzafiato circondano questa meraviglia della natura che è giustamente salvaguardata dal 1997 grazie all’istituzione dell’omonima area marina protetta. Il carcere che si erge al centro dell’isola, abbandonato dal 1965, stimola ancora oggi la fantasia come anelito alla libertà. L’isola presenta ovunque pareti ripide di tufo e la sua origine è vulcanica e le scogliere offrono solo 4 punti di approdo, da scegliere a seconda del mare e dei venti. Mare cristallino e fondali mozzafiato circondano questa meraviglia della natura che è giustamente salvaguardata dal 1997 grazie all’istituzione dell’omonima area marina protetta. L’isola è conosciuta sin dal tempo dei greci che la utilizzavano principalmente per il rifornimento di legname. Il suo nome greco era Partenope, ma anche Palmosa e Borca. Nel ‘700 venne abitata stabilmente e pochi anni dopo iniziò la costruzione del carcere borbonico di Santo Stefano, che ancora oggi è testimone della sua complicata accessibilità.
Il Carcere
Il Carcere fu costruito verso la fine del 700 ispirandosi al modello filosofico illuminista di Jeremy Bentham, secondo il quale era possibile il dominio di una mente sopra un’altra mente, attraverso un’adeguata struttura architettonica. Il carcere ha una forma circolare a Panopticon: le celle dei carcerati sono disposte all’esterno del cerchio. In questo modo la guardia al centro della struttura poteva controllare i detenuti senza essere vista. Tra i detenuti noti ci furono lo scrittore Luigi Settembrini, il brigante Carmine Crocco, gli anarchici Gaetano Bresci e Giuseppe Mariani, il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini e i banditi Sante Pollastri, Ezio Barbieri e Benito Lucidi.
La storia del Carcere
Il carcere di S.Stefano è stato teatro di alcune delle peggiori manifestazioni di vita carceraria della storia d’Italia. L’ingegnere che lo ha costruito è stato Francesco Carpi, chiamato dai borboni nel 1700 ad erigere il carcere, a seguito dell’abolizione della pena di morte, accanto all’isola di Ventotene della quale stava predisponendo l’assetto architettonico attuale. La stessa struttura logica e l’organizzazione degli spazi tra ordine temporale ed ecclesiastico applicata alla pianta di Ventotene (piazza Castello e piazza Chiesa) viene portata anche nella costruzione dell’ergastolo. Il Carpi si ispira al concetto del Panotpicon ovvero una struttura a ferro di cavallo (presa dal teatro S.Carlo di Napoli) dal cui fulcro è possibile osservare tutte le celle della struttura. Al centro di questa struttura il potere temporale è rappresentato dalla torre delle guardie carcerarie e il potere ecclesiastico dalla croce posta sopra la torre. I carcerati una volta entrati non vedevano più all’esterno poiché le finestre erano posizionate a bocca di lupo rivolte verso l’alto.
A metà del 1700 il carcere era un posto spietato: 10 persone per cella per 3 piani di 33 celle. Molti perirono in quel periodo data la durezza del carcere; si dice che le acque antistanti s.Stefano fossero infestate di squali per i morti che venivano gettati nelle vicinanze. Il carcere era inoltre famoso per i “suicidi su ordinazione” ovvero una modalità politicamente corretta per eliminare scomodi nemici del sistema. Tra gli ospiti più famosi. Gaetano Bresci, Sante Pollastri, Fra’ Diavolo. Tra il 45 e il 65, negli ultimi 20 anni di apertura, l’ergastolo fu un modello di gestione del recupero degli ergastolani. Infatti, grazie alle idee illuminate dell’allora direttore Perugatti, il centro era trattato a colonia agricola. Sull’isola erano infatti sorte scuole, c’era l’energia elettrica, il cinema, il campo sportivo, il barbiere… I servizi erano spesso forniti dagli stessi ergastolani che svolgevano le proprie professioni. Anche i Ventotenesi insegnavano agli ergastolani a coltivare la terra. Sembra che all’epoca le ragazze di Ventotene facessero a gara per fidanzarsi con i detenuti per avere l’onore di essere ospitate al cinema. L’ergastolo è stato oggetto di un primo tentativo di restauro che si è però rivelato insufficiente. Di recente si è concretizzata la possibilità di una nuova ristrutturazione che darebbe finalmente spazio ad una struttura che ha caratterizzato la storia carceraria italiana.